Serena non riusciva a darsi pace.
Aveva messo sottosopra l’intero ufficio:
l’anello di nonna Aurora non si trovava,
era sparito.
Aveva nove anni quando le era stato regalato:
” Vedi Serena, questo me lo ha dato nonno Giuseppe, quaranta anni fa, era di sua madre – se solo quest’anello potesse parlare, ti direbbe di guerre e amori – ha una ricca storia percio’ e’ prezioso, tienilo con te, l’energia degli anni passati ti proteggera’ ”
Cosi’ Serena aveva fatto, aveva tenuto al dito quel cerchio di margheritine d’oro intrecciate, fino a quel giorno: l’ antivigilia di Natale,
l’anno dei suoi 35 anni.
Sempre, a metà mattinata lo guardava luccicare, e sentiva il passato della sua famiglia darle forza.
Era sua abitudine giocare con i capelli (un’ allegra massa di capelli rossi incorniciava il suo etereo volto) e spesso lo ritrovava impigliato nei boccoli morbidi.
Eppure, quella volta non si trovava, neanche tra i capelli.
Serena aveva successo nel suo lavoro, amava i suoi bambini, ed era onesta nel rapporto con suo marito.
Quel giorno la sua aura era strana, e la sparizione dell’ anello non aiutava. Sua nonna aveva avuto di recente, difficoltà respiratorie, ed era stata ricoverata, in un ospedale di Voghera, paese che, sarà anche famoso per le sue casalinghe, ma vi assicuro che se conosceste Serena, direste che dovrebbe esserlo anche per i cuori grandi, di alcune donne a cui ha dato i natali.
Nonna Aurora era vecchina ormai, ma aveva la tigna di una ragazzina e la dolcezza che ogni nipote vorrebbe, da una che è madre due volte.
Gli ultimi auguri di Natale furono scambiati, i computer spenti;
Serena lasciò l’ ufficio, la grande città dove ormai abitava, e corse a trovare Aurora.
L’ aveva aspettata: la sua crisi era peggiorata, ma l’ aveva aspettata; si baciarono, si strinsero forte, si dissero che erano fiere l’una dell’altra e che si volevano bene.
Dopo, il silenzio.
Quello che c’è oltre, di cui non ci è dato sapere.
Furono dei giorni bui per Serena, ma la sua nonna le aveva insegnato, che non si deve mai smettere di sorridere, altrimenti è un attimo, e lo sconforto ha vinto.
Così sorrise, e tornò a lavoro, il nove gennaio, carica e positiva.
C’ era però ancora il pensiero di quell’ anello, sparito poco prima che la sua nonna andasse, motivo di dispiacere sommato al dolore della ben più grave perdita.
Sorridi Aurora, sorridi, -si ripeteva- , perdere l’ anello ti ha permesso di intuire che stava per succedere qualcosa, perciò ti è stato amico fino alla fine- se l’empatia con gli oggetti ha un valore-
così rimuginando,
aprì la finestra dell’ ufficio,
chiuso da giorni, come un’ aula scolastica durante le vacanze,
preparò la solita tisana del camino, e prese a sgranocchiare il suo muesli nocciole e miele;
per poco non si affogò, quando, tra una manciata e l’altra, si trovò nel cuore della mano, l’ anello: le era di certo scivolato dentro senza che se ne accorgesse, giorni prima. Non aveva guardato in quella scatola, dappertutto, ma non lì
– sebbene avesse usato l’immaginazione, non ci aveva affatto pensato-.
Sorrise davvero, infilò l’ anello, e per un attimo vide il volto di Aurora sorridere a sua volta.
L’ ordine naturale delle cose.
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