“Ma tu che fatt’ e capill’? Te vec’ cchiù selvagg’, cchiù leoness’”. (Gomorra)

Per vedere l’essenziale, ciò che è fondamentale, e non, accidentale, accessorio, superfluo, guardo da una nuova prospettiva.
Quella di Cosimo.
“Insomma, l’amore per questo suo elemento arboreo seppe farlo diventare, com’è di tutti gli amori veri, anche spietato e doloroso, che ferisce e recide per far ricrescere e dar forma”.
“L’amore riprendeva con una furia pari a quella del litigio. Era difatti la stessa cosa, ma Cosimo non ne capiva niente.
– Perché mi fai soffrire?
– Perché ti amo.
Ora era lui ad arrabbiarsi: – Mi fai soffrire apposta, allora.
– Sì, per vedere se mi ami.
La filosofia del barone si rifiutava d’andar oltre.
– Il dolore è uno stato negativo dell’anima.
– l’amore è tutto.
– Il dolore va sempre combattuto.
– l’amore non si rifiuta a nulla.
– Certe cose non le ammetterò mai.
– Sì che le ammetti, perché mi ami e soffri”.
“…ma le cose che voleva dire lui non sono lì, è altro che lui intendeva, qualcosa che abbracciasse tutto, e non poteva dirla con parole, ma solo vivendo come visse. Solo essendo così spietatamente se stesso come fu fino alla morte, poteva dare qualcosa a tutti gli uomini“.
“Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”.
“Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori”.
(Italo Calvino, Il barone rampante).